Accedi

Le tasse sono illegali ?

Il fenomeno dell'illegalità può essere spiegato meditando sulla storia del popolo italiano. L'illegalità è un pesante bagaglio storico ereditato dalla mentalità italiana che ancora si ripercuote nel presente nonostante sessant'anni di democrazia. Non si sta giustificando ciò che giustificabile non è, ma si sta provando ad analizzare un fenomeno storico-culturale ricercandone le cause la' dove devono essere ricercate, cioè nel passato.
Da una prospettiva storica, il nostro paese è stato illo tempore pervaso dalla pericolosa mentalità del servo, che è succube, incapace di alzare la testa e ribellarsi al signore che lo opprime e che allo stesso tempo cerca di aggirare il potere di questo in ogni modo possibile, la maggior parte delle volte illecitamente, travalicando le leggi. Per comprendere meglio la questione è opportuno analizzare quale sia il filo comune che lega, nelle zone italiane in cui l'illegalità è tutt'oggi particolarmente imperante, la storia criminale a quella del potere politico.

Nella novella Rinconete y cortadillo, Cervantes descriveva un'associazione di malfattori di Siviglia che aveva regole simili a quelle della Camorra dell'Ottocento. L'urbanizzazione di Napoli e la miseria del suo centro storico fece sì che fin dal Cinquecento qui si concentrassero dei delinquenti che prosperavano con furti e ruberie. Dall'Ottocento in poi si fa iniziare la "Camorra storica" che prese coscienza della sua potenza e che era capace di "fare uscire l'oro dai pidocchi", vale a dire di trarre profitto illecito dalle attività che venivano commissionate alla povera gente: piccoli artigiani, lavandaie... Negli anni Quaranta dell'Ottocento c'era già un'organizzazione strutturata, con regole di accesso e una struttura piramidale e centralizzata.

Fra le organizzazioni criminali attualmente operanti in Italia, la mafia siciliana è tradizionalmente quella più potente e ramificata ed è ormai presente su tutto il territorio nazionale. La sua struttura piramidale, caratterizzata da una rigidissima gerarchia e da un'articolazione in numerose cosche territoriali, la sua enorme capacità di penetrazione nei gangli vitali della società civile, sia a livello centrale che periferico, la spietatezza delle sue "esecuzioni" e la ferocia con cui controlla tutte le attività lecite e illecite, ne fanno da sempre il più temibile nemico dello Stato di diritto. Il termine "mafia" è voce siciliana di etimologia incerta ma, secondo alcuni, è di origine araba e ha il significato di "protezione, garanzia". Come tutte le organizzazioni criminali anche la mafia attecchisce dove lo Stato è assente o latitante. 

Le origini della mafia sono riconducibili alla diffidenza delle popolazioni siciliane verso una struttura di potere statale essenzialmente vessatoria. Nella prima metà dell'800 la Sicilia subì una profonda trasformazione di carattere politico ed economico: l'antica struttura di natura feudale iniziò a sgretolarsi, travolta da straordinari avvenimenti storici (siamo nella fase terminale del dominio borbonico). La società rurale formata da contadini poveri ed analfabeti, vessati dai potentissimi proprietari terrieri (i "baroni") ed dai loro gabellieri (riscossori di tributi), in assenza di leggi chiare ed univoche, continuò a regolarsi sulla base della consuetudine (cioè di norme non scritte accettate e rispettate da tutti da un lunghissimo lasso di tempo). Il compito di regolare nel bene e nel male i rapporti sociali, attuando una "garanzia" immediata in assenza dello Stato o contro di esso, fu assunto dai cosiddetti "uomini di rispetto" o "uomini d'onore", personaggi che per il loro carisma, e soprattutto per spavalderia e violenza, erano in grado di garantire il rispetto delle "regole".
Dopo la conquista garibaldina, con l'avvento del Regno d'Italia e la conseguente riforma agraria,a seguito della vendita forzata dei beni ecclesiastici e demaniali, la mafia si diffuse ancora più capillarmente divenendo ben presto una potente organizzazione con la quale "fare i conti" per intraprendere o continuare qualsiasi riforma politica o economica. Infatti, le infiltrazioni di personaggi mafiosi nelle amministrazioni locali e addirittura a livello di potere centrale consentirono all'organizzazione di assumere i connotati di una vera e propria piovra tentacolare, condizionando tutta la vita siciliana. Già alla fine dell'800 la mafia aveva allargato la sua influenza nelle città della Sicilia occidentale, aveva ampliato i suoi interessi economici con il controllo degli appalti e delle attività commerciali.


Ad inizio ‘900 i governi di Giovanni Giolitti nel sud si appoggiarono ai voti di origini mafiose, tanto che Salvemini arriverà ad apostrofare il Presidente del Consiglio "ministro della malavita". Lo stesso Salvemini nel 1911 scriveva: "Mandate a Napoli un commissario regio con pieni poteri. Che volete che faccia? Da solo non potrà governare mezzo milione di abitanti, dovrà servirsi della burocrazia. Ora, questa burocrazia è tutta legata alla camorra." La situazione non migliora con il fascismo, nonostante gli interventi repressivi della dittatura che pure non bastano. Aumenta inoltre la diffidenza nei confronti di uno Stato che non lascia libertà né tantomeno spazio ad un pensiero critico ed aperto. Nel secondo dopoguerra l'illegalità evolve, ancor più strisciante ed oscura, si avvia ad entrare direttamente nelle stanze del potere oltre ce nelle piazze e nelle strade.

Come si può notare le contingenze storiche hanno radicato comportamenti di diffidenza nei confronti dell'autorità statuali, rafforzato consuetudini volte a scavalcare il limite della legalità. Questa ricostruzione storica si e' occupata in prevalenza di organizzazioni criminali che sono la massima espressione dell'illegalità e dell'assenza troppo lunga dello stato in certe zone del paese, ma l'illegalità si manifesta in modi molto meno espliciti ma al tempo stesso altrettanto gravi ed emblematici. Da non ascrivere unicamente ad una determinata aerea territoriale (il meridione), ma da estendere a tutta la penisola. La mancanza di un'educazione democratica che faccia della trasparenza e del rispetto delle regole ha portato a generare risultati aberranti come i fenomeni mafiosi, ma questa lacuna culturale propria del popolo italiano si riflette in innumerevoli situazioni. Dagli episodi di bullismo e razzismo alla spazzatura gettata in strada, all'ipocrisia del professore che predica legalità e poi da' ripetizioni tutto il pomeriggio senza pagare un centesimo di tasse, ai test d'ingresso truccati per l'accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso. Episodi che penalmente parlando possono risultare effimeri, ma che sono indicazione chiara di una manifesta noncuranza e di una diffusa mancanza di fiducia e rispetto nei confronti del diritto e dello Stato. Dalle sfere più alte del potere dove imperversa la corruzione morale e materiale alle malversazioni delle mafie agli episodi minori, il nostro popolo sembra non poter recedere da una mentalità improntata all'illegalità e dall'impossibilità di liberarsi di certe piaghe socioeconomiche di origine illegale.

Solo l'educazione, la cultura democratica e pluralistica possono essere il deterrente per un problema ancora aperto e mai risolto, l'unica via di uscita per sconfiggere definitivamente la logica del servo che da troppi secoli attanaglia l'Italia.

 

Commenti